SUPERBONUS 110%: LE FONTI GROUP SRL SOCIETA’ BENEFIT SOTTOSCRIVE UN ACCORDO CON “ITALIA ZUCCHERI” CO.PRO.B. - COOPERATIVA PRODUTTORI BIETICOLI SOCIETA' COOPERATIVA AGRICOLA PER LA CESSIONE DEI CREDITI FISCALI

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Giugno 17, 2024

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Telemedicina e Servizi condominiali di assistenza alla persona

> Building Automation

Maggio 24, 2024

Nell’epoca storica in cui stiamo vivendo, siamo ormai abituati a parlare di digitalizzazione e smartizzazione, soprattutto in funzione di determinati ambiti applicativi: edilizia pubblica e privata, abitativa o commerciale, mobilità, automazione industriale, ecc. Tuttavia, il digitale e nuove tecnologie quali Big Data, Intelligenza Artificiale o Deep Learning – solo per citarne alcuni dei nomi ormai di dominio comune – stanno influenzando molti altri aspetti della nostra vita quotidiana, salute, sanità e cura della persona non sono esclusi.

A questo proposito, si parla sempre più spesso di Telemedicina: un nuovo approccio all’assistenza sanitaria, che si affianca – e non sostituisce – alla medicina tradizionale, il cui sviluppo ha subito una rapida accelerazione a causa della recente pandemia.

Telemedicina: cosa si intende

La telemedicina sfrutta la tecnologia per fornire assistenza sanitaria a distanza, consente ai medici e al personale sanitario di offrire cure ai pazienti tramite devices quali computer e smartphone.

Oggi, la telemedicina è utile per diagnosticare problemi sanitari minori, scambiare informazioni su trattamenti domiciliari, effettuare controlli post-trattamento o follow-up per malattie croniche, trasmettere prescrizioni velocemente e mantenere il contatto tra medico e paziente fuori dagli orari di ricevimento o quando il paziente non può lasciare casa, ma le previsioni per il prossimo futuro ne proiettano il potenziale ancora più in là.

Telemedicina in Europa e Italia: un mercato in crescita

Nel periodo pre-Covid19, nel vecchio continente, soltanto in Inghilterra, Irlanda e Paesi del Nord Europa, la telemedicina era già regolarmente utilizzata come strumento di assistenza sanitaria, mentre in Italia l’utilizzo del servizio registrava numeri molto bassi.

In Italia, l’introduzione ufficiale della telemedicina nel Servizio Sanitario Nazionale è avvenuta nel dicembre del 2020, con la ratifica del Ministero della Salute durante la Conferenza Stato-Regioni, dove sono state stabilite le linee guida che disciplinano le visite, i consulti, l’emissione di referti e la teleassistenza. Linee guida nelle quali la telemedicina viene definita come una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località.

Secondo i dati raccolti nello studio Innovative Business Models Powering the Telehealth Market in Europe di Frost & Sullivan, il mercato europeo della telemedicina nel 2020 valeva 6,53 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo composto (CAGR) del 29,4% e, secondo le stime, raggiungerà i 20 miliardi entro il 2025. Il comparto delle visite virtuali mostra un tasso di crescita annuo ancora più elevato, pari al 41,2%, per un valore di 8,43 miliardi di dollari previsto entro il 2025. Inferiore, invece, è la previsione di crescita del mercato del monitoraggio remoto dei pazienti, che toccherà i 3,15 miliardi.

 

Telemedicina: PNRR e finanziamenti per incentivare l’assistenza sanitaria domiciliare

Tale crescita, tanto in valore di mercato quanto in efficacia, sarà possibile anche grazie agli importanti investimenti dei quali il settore della telemedicina italiana sta beneficiando. Nel corso della Conferenza tra Stato e Regioni, tenutasi il 21 settembre 2023, è stato dato un parere positivo al decreto che regola la distribuzione delle risorse finanziarie dedicate alla telemedicina, assegnando 750 milioni di euro al settore con l’intento di raggiungere almeno 200.000 utenti. Figura cruciale è l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari, Agenas, designata a ricevere 50 milioni di euro per gestire gli investimenti e valutare i progetti proposti dalle varie regioni italiane.

In aggiunta, Regioni e Province Autonome beneficeranno di oltre 432 milioni di euro, destinati a soddisfare le specifiche necessità della telemedicina. Un decreto di settembre 2022 ha definito le procedure per l’implementazione delle soluzioni di telemedicina, enfatizzando la necessità per ciascuna regione di creare un Piano Operativo dedicato. Queste misure fanno parte della Missione 6 del Pnrr, che mira a potenziare il Servizio Sanitario Nazionale attraverso l’evoluzione della telemedicina, guardando in particolar modo ai pazienti affetti da patologie croniche.

Telemedicina e servizi condominiali: smart building e dati a supporto dell’assistenza sanitaria

L’aumento dei costi della sanità e la riduzione di investimenti nei servizi sanitari pubblici rispetto al PIL rappresentano, oggi, una potente spinta alla diffusione della telemedicina.

I servizi di telemedicina sono un potente strumento per ridurre i costi sanitari e aumentare l’efficienza degli interventi. Le visite da remoto, in particolare, possono fornire risposte immediate al paziente, ridurre l’affollamento nei pronto soccorso e, conseguentemente, dei tempi di attesa.

 

L’importanza dei dati per promuovere nuovi modelli di sanità domiciliare

La telemedicina consente di introdurre nuove strategie di intervento, assistenza e cura del paziente, grazie all’uso intensivo dei dati. Il periodo pandemico ne è stato la prova: durante l’emergenza sanitaria scatenata dal Covid19, il settore sanitario ha trovato un sostegno fondamentale nella tecnologia, specialmente attraverso la telemedicina e i dati.

E proprio i big data e l’analisi avanzata di questi dati sono lo strumento grazie al quale sarà possibile sbloccare il grande potenziale della telemedicina.

Nell’ambito sanitario, infatti, la raccolta, l’analisi e l’utilizzo accurato dei dati diventano lo strumento grazie al quale comprendere nel dettaglio le condizioni dei pazienti, eseguire diagnosi precise, ma anche individuare i fattori determinanti per la diffusione delle malattie, prevenendole.

Ancora una volta la raccolta e l’analisi dei dati sono ciò che rende possibile il monitoraggio e l’assistenza da remoto dei pazienti con disturbi cronici, ad esempio, oppure dei degenti dimessi, con terapie e trattamenti personalizzati. Questo approccio consentirà uno sgravio sulla sanità territoriale, consentendo un monitoraggio più accurato dei soggetti fragili, migliorando in generale l’efficacia dell’assistenza sanitaria.

La telemedicina come servizio condominiale

L’introduzione della telemedicina e dell’assistenza medico-sanitaria a distanza alla persona all’interno dei servizi condominiali rappresenta uno step evolutivo estremamente positivo nell’ambito dell’innovazione digitale. La sinergia tra assistenza sanitaria e digitale promette di trasformare il modo in cui gli abitanti dello smart building ricevono cure mediche e assistenza nel contesto della propria abitazione, specialmente in strutture residenziali condivise come i condomini.

Attraverso l’impiego di tecnologie digitali avanzate, la telemedicina offre un accesso semplificato e potenzialmente immediato a servizi sanitari, eliminando le barriere fisiche che spesso separano i pazienti dai fornitori di cure. Integrando questi servizi direttamente negli ambienti condominiali, si può migliorare notevolmente la qualità della vita degli abitanti, offrendo assistenza personalizzata e continua, indispensabile, ma oggi spesso inaccessibile, per anziani, persone con disabilità o chiunque necessiti di monitoraggio regolare.

Applicazioni di questo tipo sono tutt’altro che futuristiche. Anche in Italia esistono oggi esempi virtuosi di senior co-housing, ovvero complessi residenziali evoluti, composti da più appartamenti e stanze, che ospitano persone over 65 sole o fragili, che godono della necessaria e fondamentale assistenza sanitaria, grazie alla telemedicina. Attraverso l’utilizzo delle più evolute tecnologie digitali e i dati, il personale preposto può monitorare i comportamenti tipicamente rischiosi per gli anziani o individuarne di anomali, tenerne sotto controllo i parametri vitali, quali pressione o il peso, in modo da gestire in modo semplice le terapie di pazienti cronici e prevenire, per quanto possibile, l’insorgenza di altre patologie.

Perché modelli di questo tipo possano diffondersi è necessario affidare i propri progetti ad aziende capaci di innovare sfruttando le più evolute tecnologie offerte dalla digitalizzazione. Scegliere di affidarsi a un General Contractor come Le Fonti Group garantisce non solo una gestione esperta e innovativa dei progetti di building automation, ma significa predisporsi oggi alle necessità di domani.

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Smart Readiness Indicator: cos’è e a cosa serve

> Building Automation

Maggio 24, 2024

La Direttiva Europea Case Green sta progressivamente modificando il concetto di efficienza energetica degli edifici, introducendo la gestione intelligente di impianti, consumi e servizi per l’abitante come criteri di riferimento per la sua valutazione.

 

Da questo processo nasce lo Smart Readiness Indicator: uno strumento innovativo, comune per tutti i Paesi dell’Unione, per misurare l’intelligenza degli edifici in funzione della loro efficienza energetica e, conseguentemente, del comfort abitativo.

Cos’è lo Smart Readiness Indicator

Oltre un terzo delle emissioni totali di gas serra registrate nell’Unione Europea è da attribuirsi agli edifici. È in questo contesto che ha preso forma la Direttiva EPBD, la cosiddetta Direttiva Europea Case Green, una norma finalizzata a incentivare l’ammodernamento degli edifici, per efficientarli dal punto di vista energetico e dei consumi.

La direttiva Case Green fa leva sull’utilizzo dei più evoluti sistemi di domotica per l’ottimizzazione energetica degli edifici, affinché questi possano trasformarsi da elementi passivi a entità intelligenti, capaci di modulare l’utilizzo di risorse – e quindi i consumi energetici – in funzione delle necessità degli abitanti. L’integrazione della domotica più tradizionale con le più avanzate tecnologie di raccolta e analisi dei dati diventa, quindi, un elemento chiave nella corsa verso la realizzazione di edifici a emissioni zero.

Perché tutto questo possa concretizzarsi, si rende necessario definire un sistema di misurazione comune per tutti gli Stati membri, attraverso il quale poter valutare l’effettivo grado di smartness degli edifici.

Questo sistema è lo Smart Readiness Indicator (SRI): una leva per incentivare l’innovazione tecnologica e l’ammodernamento intelligente del patrimonio edilizio, in prospettiva del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e neutralità climatica entro il 2050.

Come funziona lo Smart Readiness Indicator

Il sistema di valutazione Smart Readiness Indicator (SRI) consente di pesare il grado di intelligenza degli edifici in base a tre fattori fondamentali:

 

  • La capacità dell’edificio di adattare il funzionamento dei propri sistemi alle necessità degli occupanti
  • La sua capacità di ottimizzare il proprio consumo energetico
  • La flessibilità nel consumo di energia elettrica complessiva dell’edificio e la sua capacità di interazione con la rete elettrica.

 

Per calcolare l’SRI, l’ente certificatore valuta la capacità dell’edificio di accogliere i sistemi e le tecnologie utili per migliorarne l’efficienza energetica, la connettività e la sostenibilità. Per farlo, sono stati individuati 54 servizi smart, raggruppati in 9 diversi domini, in particolare:

  • riscaldamento
  • raffrescamento
  • acqua calda sanitaria
  • sistema di ventilazione
  • illuminazione
  • copertura dinamica edificio
  • elettricità
  • sistemi di ricarica veicoli elettrici
  • controllo e gestione.

Successivamente, per ognuno dei 54 servizi, viene valutato il livello di funzionalità e il grado di intelligenza, sulla base di 7 criteri fondamentali:

  • Risparmio Energetico
  • Flessibilità Energetica
  • Comfort
  • Convenienza
  • Benessere e Salute
  • Manutenzione
  • Informazione per l’utente.

L’aggregazione dei risultati di queste singole analisi restituisce, alla fine, il risultato complessivo della valutazione.

Riassumendo, si può quindi affermare che l’adozione dello Smart Readiness Indicator per gli edifici permette di:

  • Promuovere l’innovazione nelle tecnologie smart applicate agli edifici;
  • Aumentare la consapevolezza energetica degli occupanti;
  • Migliorare l’efficienza energetica generale e le prestazioni degli edifici;
  • Contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione e sensibilizzare all’uso di energia da fonti rinnovabili.

 

Gli studi promossi dalla Commissione Europea hanno restituito una stima dei benefici dei quali il settore edilizio potrebbe beneficiare fino al 2050 grazie allo Smart Readiness Indicator. Dalla sua applicazione si potrebbe ottenere un risparmio energetico finale di oltre il 5% entro il 2050, stimolare investimenti fino a un valore di 181 miliardi di euro in 30 anni e ridurre di 32 milioni di tonnellate le emissioni annue di gas serra.

 

Quando entrerà in vigore lo Smart Readiness Indicator

L’entrata in vigore dello Smart Readiness Indicator è direttamente dipendente da alcuni passaggi di consegne descritti dalla più ampia Direttiva Europea Case Green.

Con l’identificazione dell’SRI come criterio di valutazione dell’intelligenza degli edifici e definita la relativa metodologia per calcolarlo si è compiuto il primo cruciale step.

L’iter prevede che, entro il 30 giugno del 2026, la Commissione Europea presenti al Parlamento Europeo gli esiti di studi e di test effettuati sull’applicazione dello SRI.

Successivamente, entro il 30 giugno 2027, la Commissione, tramite apposito atto, prescrivere l’adozione dello Smart Readiness Indicator come indice di valutazione comune per tutti i Paesi dell’Unione.

SRI: l’importanza dei dati negli Smart Buildings

Con l’applicazione di un sistema valutativo come l’SRI è fondamentale poter disporre dei dati relativi agli edifici necessari per capire lo stato degli stessi e pianificare eventuali interventi preventivi.

A tal proposito, la Direttiva Case Green prevede che proprietari, affittuari o gestori di immobili possano accedere liberamente ai dati relativi alle proprie abitazioni o edifici commerciali. Tali dati devono restituire informazioni relative a:

  • Prestazione energetica degli edifici
  • Sistemi di automazione e controllo
  • Sistemi di riscaldamento
  • Sistemi di misurazione
  • Punti di ricarica per veicoli elettrici.

Ma in un panorama di questo tipo diventa fondamentale non farsi cogliere impreparati dall’entrata in vigore della Direttiva Case Green.

La capacità di Le Fonti Group di fondere digitalizzazione e transizione energetica, elementi essenziali per l’aggiornamento del patrimonio immobiliare in Italia, lo rende un riferimento fondamentale per chi desidera intraprendere un percorso di efficientamento energetico e smartizzazione per edifici pubblici, residenziali e commerciali.

 

Scegliere di affidarsi a un General Contractor come Le Fonti Group garantisce non solo una gestione esperta e innovativa dei progetti di ristrutturazione, nel rispetto delle normative europee, ma permette anche di anticipare le scadenze imposte dalla Commissione Europea, evitando così di essere impreparati di fronte agli imminenti requisiti della Direttiva Case Green.

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Monitorare i consumi in condominio con efficienza e rispetto della privacy

> Building Automation

Marzo 21, 2024

La gestione mirata dei consumi, attraverso soluzioni e sistemi tecnologici, è una esigenza sempre più forte nel percorso verso il raggiungimento degli obiettivi UE, specie nel caso dell’edilizia residenziale. Ecco su cosa si può contare e gli aspetti cui prestare attenzione, a proposito di tutela della privacy

Monitorare i consumi in edilizia residenziale, in particolare nei condomini, è una priorità se si intende conoscere e ridurre il fabbisogno energetico e le emissioni. L’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) ricorda che le attività degli edifici costituiscono il 30% del consumo globale di energia finale e il 26% delle emissioni globali legate all’energia.

Cambiare questa situazione richiede un impegno forte e diffuso, se si considera che il 75 % degli edifici UE è tuttora inefficiente sul piano energetico.

La digitalizzazione offre un aiuto, attraverso soluzioni mirate per il monitoraggio dei consumi, delle emissioni e per elevare l’efficienza e il comfort. Tuttavia, serve prestare massima attenzione alla privacy. Gli stessi europei sono ben consapevoli del rischio: da un sondaggio condotto da Eurobarometro emerge che il 46% dei cittadini è preoccupato per il potenziale uso improprio dei propri dati personali da parte delle aziende. 

Riuscire a conciliare riduzione dei consumi e legittima tutela della privacy assume, quindi, una finalità prioritaria.

L’importanza di monitorare i consumi e le soluzioni dedicate

Monitorare i consumi energetici è un prerequisito prezioso per contare su edifici efficienti dal punto di vista energetico e sostenibili. A questo fine vengono in aiuto i sistemi dedicati come gli smart meter. L’Italia, in questo senso, è il Paese più avanzato al mondo. Secondo una ricerca condotta da Juniper Research, entro il 2027, il nostro Paese avrà il tasso di penetrazione più alto a livello mondiale (99,6%) di contatori intelligenti nelle famiglie.  

 

Ci sono poi le soluzioni di monitoraggio che rientrano in ambito smart home. È un settore che sta crescendo, come ha messo in luce l’analisi del mercato specifico dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano. Il mercato della “casa intelligente” vede una forte attenzione dei consumatori finali, sempre più attenti alla tematica, sia per i costi associati ai consumi sia per la crescente attenzione alla sostenibilità. Come annotano gli analisti dell’Osservatorio:

“il 17% degli utenti associa il concetto di smart home alla gestione dei propri consumi (+5% rispetto al 2022). Il 24% degli utenti individua come servizio di maggiore interesse per il futuro proprio l’analisi in tempo reale dei consumi energetici.”

Il passo avanti in termini di tecnologia per una casa intelligente ed efficiente è la domotica, che annovera anche sistemi per il monitoraggio dei consumi, all’interno di un insieme di soluzioni integrate per la gestione smart della casa. 

Ci sono poi le soluzioni ICT più evolute come i BEMS (Building energy management system), che monitorano e controllano le apparecchiature elettriche e meccaniche di un edificio.

Cosa prevede l’EPBD: smart readiness indicator per l’edificio

Nel testo della nuova Energy Performance Building Directive (altrimenti detta “Direttiva Case Green” ) sono fissati obiettivi sfidanti per ridurre i consumi: gli Stati membri dovranno ridurre il consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22 % entro il 2035.

La stessa EPBD non manca di illustrare il concetto di sistemi per monitorare i consumi. Come si legge nel testo, gli Stati membri devono stabilire requisiti affinché, dove fattibile a livello economico, nel 2025 gli edifici residenziali nuovi e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti siano attrezzati con una funzionalità di monitoraggio elettronico continuo, che misura l’efficienza dei sistemi e informa i proprietari o gli amministratori in caso di variazione significativa e qualora occorra procedere alla manutenzione dei sistemi. Nell’EPBD emerge il concetto di Smart Readiness Indicator, l’indicatore di predisposizione degli edifici all’intelligenza, che dovrebbe misurare la capacità degli edifici di usare le tecnologie ICT e i sistemi elettronici per adeguarne il funzionamento alle esigenze degli occupanti e alla rete e migliorare l’efficienza energetica e la prestazione complessiva degli edifici. Tale indicatore, come si legge nel testo della direttiva, avrà anche il compito di sensibilizzare i proprietari e gli occupanti sul valore dell’automazione degli edifici e del monitoraggio elettronico dei sistemi tecnici per l’edilizia e dovrebbe rassicurare gli occupanti circa i risparmi reali di tali nuove funzionalità potenziate. 

 

Digitalizzazione e sicurezza: l’importanza di sapersi affidare ai professionisti

Come illustrato, le soluzioni per monitorare i consumi non mancano certo. 

Tuttavia, va sempre considerata la tutela della privacy e della sicurezza dei dati, una priorità che deve essere sempre ben presente. 

 

I rischi di cybersecurity crescono. Pensiamo ai dispositivi IoT: man mano che essi diventano più economici, piccoli e distribuiti in modo più capillare, possono rivelare più informazioni rispetto a quanto previsto e minacciare la privacy degli utenti. Una ricerca pubblicata su Nature, a questo proposito, spiega che i sensori IEQ (Indoor Environmental Quality) installati per il risparmio energetico e il monitoraggio della salute interna sono elementi che possono essere impiegati per carpire informazioni sensibili sugli occupanti di un’abitazione.

 

È bene avvalersi di sistemi capaci di offrire il giusto grado di sicurezza, ma anche di affidarsi a professionisti che possano consigliare e affiancarsi – specie nel caso di nuove costruzioni o di ristrutturazioni importanti – in veste di general contractor.

 

Un esempio, a tale riguardo, lo offre Le Fonti Group, Società Benefit in grado di proporsi per svolgere diversi servizi mirati anche su questo fronte. Come ricorda il Presidente, Riccardo Tassi, «attraverso le società del gruppo si sviluppa un numero sempre più ampio di applicazioni intelligenti che permettono di gestire gli edifici in maniera automatizzata. Complice l’attuale situazione macroeconomica, verrà posta una maggiore attenzione all’utilizzo di dispositivi smart dedicati in particolare al monitoraggio dei consumi di ogni singolo punto di accesso. Particolarmente attenzione viene riservata al monitoraggio strutturale degli edifici attraverso la gestione, elaborazione e visualizzazione in tempo reale dei dati di monitoraggio registrati da una molteplicità di sensori».

 

In particolare, la soluzione MuReQua Storage Component realizzata grazie all’esperienza e alle intuizioni del prof. Iovane e proposta da Le Fonti Group, è una rivoluzionaria soluzione di archiviazione dati progettata per garantire la massima sicurezza e privacy.

 

Ogni file dati caricato in questa piattaforma viene frammentato e crittografato con una chiave di sicurezza unica per ogni frammento, garantendo un quadruplo livello di protezione per i dati sensibili. Si tratta di un approccio innovativo in grado di trasformare i file in una sequenza complessa di dati crittografati, rendendo virtualmente impossibile la decrittografia da parte di terze parti non autorizzate.

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APE: come si misura l’efficienza energetica di una casa

> Building Automation

Marzo 1, 2024

L’Attestato di Prestazione Energetica è uno strumento fondamentale per richiedere bonus e incentivi per la riqualificazione edilizia. Ecco perché

La Certificazione energetica degli edifici è un indicatore fondamentale per analizzare lo stato attuale del settore edilizio, responsabile di circa il 40% delle emissioni globali di CO2.

A tal proposito, riveste un ruolo importante l’APE (Attestato di Prestazione Energetica), conosciuto più semplicemente anche come certificazione energetica, ovvero un documento tecnico nel quale è indicata la prestazione energetica di un edificio o di una singola unità immobiliare.

Sostanzialmente, l’APE restituisce la valutazione energetica dell’immobile, evidenziando, in relazione al suo utilizzo, i consumi di energia e la quantità di CO2 emessa. Sulla base di questi dati, l’APE assegna all’immobile una classe energetica che può andare dalla G, per gli edifici meno efficienti, alla A4 per i più performanti.

Sul piano legislativo europeo e nazionale, c’è una chiara tendenza a intervenire sugli immobili a bassa efficienza, in modo da migliorarne, anche attraverso incentivi e bonus, la classe energetica e ridurne i consumi.

Ecco, quindi, che diventa fondamentale essere in possesso dell’Attestato di Prestazione Energetica per poter valutare i consumi energetici – e conseguentemente i costi – e il confort abitativo dell’immobile. L’APE è, inoltre, obbligatorio per legge in caso di vendita o di locazione dello stesso.

Inoltre, a partire dal 2026, l’APE servirà a confermare l’adesione ai nuovi requisiti: gli edifici di gestione, utilizzo o proprietà pubblica di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero.

I nuovi edifici privati dovranno rispettare gli stessi requisiti a partire dal 2028.

Classificazione energetica: la situazione edilizia in Italia

Dal Rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici, redatto da ENEA congiuntamente con il Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente (CTI) sulla base dei dati 2022, emerge un quadro tutto sommato positivo relativamente allo stato degli immobili italiani e all’andamento delle ristrutturazioni.

Rispetto alle rilevazioni dell’anno precedente, i dati evidenziano una diminuzione del 3,7% degli immobili classificati nelle categorie energetiche inferiori, F e G, accompagnata da un aumento corrispondente nelle categorie A4 e B, le più virtuose. Tuttavia, la sfida rimane considerevole, con circa il 55% degli immobili ancora posizionati nelle classi energetiche più basse. La percentuale di Attestati di Prestazione Energetica (APE) riconducibili alle categorie energetiche migliori (A4-B) si attesta, invece, a circa il 14%.

Ulteriori osservazioni rivelano che la Lombardia è la Regione con la maggiore quantità di attestati emessi (20,5%), seguita da Lazio (9,6%) e Veneto (8,4%). Gli immobili certificati sono spesso associati a transazioni immobiliari e locazioni, sebbene tale correlazione, seppur prevalente all’80%, presenti un leggero decremento. Le riqualificazioni energetiche (5,7% degli APE) e le ristrutturazioni importanti (4,1% degli APE) mostrano una crescita dell’1,5%, sottolineando un incremento di interventi mirati all’efficientamento energetico.

Efficientamento energetico degli edifici: cosa prevede la normativa europea

I numeri raccolti nel rapporto di ENEA e CTI  sono destinati a crescere.

Nonostante siano ancora in corso discussioni e trattative tra gli Stati membri, il Parlamento Europeo ha approvato la Direttiva sul rendimento energetico (EPBD), anche detta Direttiva case green, al fine di ridurre i consumi energetici degli edifici e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

In particolare, la direttiva sancisce che:

  • dal 2026, gli edifici di gestione, utilizzo o proprietà pubblica di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero. I nuovi edifici privati dovranno rispettare gli stessi requisiti a partire dal 2028
  • entro il 2028, tutti gli edifici di nuova costruzione, ove fattibile dal punto di vista economico e tecnologico, devono adottare tecnologie solari. Per gli edifici residenziali soggetti a ristrutturazioni significative, la scadenza è prorogata al 2032.
  • entro il 2030 gli edifici residenziali dovranno raggiungere la classe E (entro il 2027 per quelli pubblici), ed entro il 2033, la classe D (entro il 2030 per quelli pubblici).
  • dal 2035, sarà vietato l’utilizzo di sistemi di riscaldamento a combustibili fossili per edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni profonde.

Sono già previste delle deroghe per specifiche categorie di edifici residenziali, che prendono in considerazione fattori quali fattibilità economica, tecnica e disponibilità di manodopera qualificata.

Certificazione energetica: primo requisito per ristrutturare e ottenere i bonus edilizi

Come anticipato, l’APE è obbligatorio nel caso di vendita o locazione di un immobile. Non solo: l’Attestato di Prestazione Energetica è obbligatorio anche in caso di lavori di ristrutturazione importante finalizzati all’efficientamento energetico, ovvero interventi eseguiti sull’involucro esterno dell’immobile, quindi pareti perimetrali, tetto e infissi, che coinvolgano una superficie superiore al 25% del totale.

Bonus edilizi: quando serve l’APE

È obbligatorio essere in possesso della certificazione energetica anche nei casi in cui si intenda far richiesta di bonus edilizi per avviare la ristrutturazione di un immobile. Nello specifico, l’Attestato di Prestazione Energetica è obbligatorio per poter usufruire dell’Ecobonus.

L’Ecobonus è un incentivo che consente di ottenere una detrazione fiscale in corrispondenza dell’esecuzione di alcuni interventi di ristrutturazione, finalizzati all’efficientamento energetico, sulla propria abitazione.

A seconda della tipologia di intervento, la detrazione fiscale può essere del 65% o del 50%. In particolare, i lavori che garantiscono l’accesso all’Ecobonus 65% sono:

  • acquisto e installazione di caldaie a condensazione di efficienza almeno pari alla classe A, contestualmente all’installazione di sistemi di termoregolazione evoluti di classe V, VI o VIII.
  • l’installazione di impianti di climatizzazione invernale basati su apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione
  • gli interventi di sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale con generatori d’aria calda a condensazione
  • sostituzione di vecchi impianti con micro-cogeneratori, purché si ottenga un risparmio di energia primaria almeno del 20%
  • sostituzione, integrale o parziale, dell’impianto di climatizzazione invernale esistente, con pompe di calore ad alta efficienza o impianti geotermici a bassa entalpia
  • sostituzione di impianti per la produzione di acqua calda sanitaria tradizionali, con scaldacqua a pompa di calore
  • acquisto e l’installazione di sistemi di domotica per il controllo dell’impianto di riscaldamento, produzione di acqua calda sanitaria o climatizzazione.
  • gli interventi strutture opache verticali e orizzontali, purché siano rispettati i requisiti di trasmittanza termica
  • l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda a uso domestico, industriale, per strutture sportive, case di cura e scuole.

L’Ecobonus si ferma, invece, al 50% per:

  • acquisto e posa di finestre, infissi e schermature solari, porte esterne e portoncini
  • acquisto e installazione di caldaie a condensazione di efficienza almeno pari alla classe A, senza contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti
  • sostituzione o nuova installazione di impianti di riscaldamento a generatori a biomassa, ad esempio pellet.

L’APE non è richiesto per gli interventi di riqualificazione degli immobili per l’adeguamento sismico.

Richiesta APE e svolgimento lavori: il ruolo del General Contractor

Orientarsi nel mondo delle agevolazioni edilizie e dei Bonus non è facile: individuare un general contractor che possa porsi come unico interlocutore, in grado di supportare chi affronta una ristrutturazione o una riqualificazione, diventa cruciale.

Le Fonti Group opera come General Contractor nell’ambito dei bonus edilizi e della riqualificazione del patrimonio immobiliare, affiancando ai servizi più tradizionali anche una serie di servizi di carattere innovativo che vanno dalla building automation alla cybersecurity e tutela dei dati personali, dal waste management alla gestione di comunità energetiche rinnovabili e alla gestione distribuita di energia.

In questo modo, Le Fonti Group offre soluzioni di valore nella digitalizzazione e nella transizione energetica, aspetti sempre più cruciali per il rinnovamento del patrimonio edilizio.

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